Quando pensiamo a qualcosa lo pensiamo nel passato

Complessità, sistemi, relazioni, paradigmi, e più recentemente ESG (Environmental, Social, Governance) sono alcune tra le parole divenute comuni. Lessico non nuovo, significato e uso aggiornati. Hanno alcuni elementi in comune: si riferiscono a relazioni, connessioni, confronti relativi, incertezza.

Da quando, tra gli anni ‘60 e ‘70, si è compreso che la materia si auto organizza e che la vita è materia che mantiene ed evolve l’autorganizzazione, si è spostata l’attenzione sulle relazioni, vero elemento cruciale che combina stabilità e instabilità, cambiamento e consolidamento, plasticità e struttura. 

È ormai chiaro che la vita è un processo per tentativi, dinamico, in bilico tra l’indispensabile incertezza delle biforcazioni a livello elementare, e sistemi di consolidamento e stabilità. Di tali dinamiche sono espressione i sistemi socioeconomici, sempre capaci di evolvere in modo sorprendente, sempre capaci di creare stabilità trasformandosi in modo continuo.

L’attuale dibattito riguardo al mercato dei prodotti vegetali freschi, e in generale della filiera agroalimentare, risente di un punto di vista statico con prospettiva rivolta al passato. Il paradigma che regge la maggior parte delle discussioni in atto è quello basato sulla industrializzazione e massificazione delle attività agricole, senza alcun riguardo all’ambiente e con scarsa considerazione dei cittadini; visti solamente come consumatori, oggetti da stimolare nei bisogni onde garantire crescenti scambi economici e utili per le imprese. Ciò a cui si punta è la creazione di valore economico in ambiti, e regole, storicamente consolidati, con il sotteso intento di cambiare il meno possibile, di mantenere le rendite di posizione, utilizzando l’innovazione per adattarsi quel tanto che basta, non per cambiare profondamente come invece storia, biologia ed ecologia ci insegnano e impongono.

È evidente che tale paradigma è oggi in via di superamento. Probabilmente, tra breve, considereremo vecchie e inutili le analisi che spiegano difficoltà e fallimenti delle aziende attraverso l’analisi dei costi di produzione, o in funzione del loro approccio commerciale e di marketing, non in grado di intercettare i bisogni di consumatori visti non come cittadini, ma come agenti economici da mantenere poco informati, perché fare altrimenti sarebbe inutile, controproducente, addirittura dannoso per l’intera società che deve crescere con le regole e le misurazioni dei secoli scorsi (vecchio paradigma in cui il benessere è quantitativo).

Per scardinare l’approccio che si basa, di fatto, solo sulle prestazioni economiche quantitative – e neanche di tutti i soggetti – è necessario svelare il paradigma che sta alla base, comprendere gli elementi che lo caratterizzano e superarlo grazie a nuovi approcci. 

Un esempio per intenderci, quello degli allevamenti intensivi: non dovrebbero essere le industrie dell’allevamento e trasformazione della carne a decidere che l’attuale organizzazione di produzione e distribuzione è irrinunciabile perché indispensabile per mantenere bassi i prezzi e permettere a tutti di mangiare carne ogni volta che lo desiderano; al contrario dovrebbero essere i cittadini, informati in modo trasparente e completo, a decidere quante volte mangiare carne e a che prezzo, tenendo conto delle condizioni di allevamento, degli impatti ambientali, degli aspetti nutrizionali e di considerazioni etiche in generale. Vale lo stesso anche per tutti gli altri prodotti, nessuno escluso.

Credo sia ormai tempo di comprendere e accettare che il sistema agroalimentare non è, o non dovrebbe essere, basato su aziende che prosperano, o anche solo ci provano, considerando come unico vincolo il profitto, e quindi riempiendo il più possibile le dispense dei consumatori; anche quando producono con metodi poco sostenibili, sfruttando persone, animali, ambiente, e mantenendo i cittadini in gran parte all’oscuro di ciò “per il loro bene”.

Il nuovo paradigma è una filiera trasparente, è un cittadino informato che, come consumatore, sceglie di essere parte responsabile del mercato e di contribuire con il suo atto di acquisto a promuovere e sostenere ciò che, al meglio delle conoscenze via via disponibili e della cultura condivisa, rappresenta, nel complesso, la scelta migliore.

Questo è il nuovo paradigma che sta emergendo e che Produzione e Distribuzione dovrebbero osservare con attenzione, comprendere e sostenere perché la categoria “cittadini” rappresenta la totalità delle persone, compresi chi produce e chi vende. Rappresenta l’umanità su questo pianeta, Nulla di più potente, creativo, essenziale.